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Africa: l’anno del Nobel per la pace, ma anche dei social e delle piazze

Un continente giovane e sempre più connesso ha sfogato nelle sue tante piazze una voglia non più prorogabile di rinnovamento sociale, economico e politico

Se si dovesse scegliere un’immagine simbolo della scena politica africana del 2018, la scelta ricadrebbe facilmente sull’abbraccio tra il primo ministro dell’Etiopia Abiy Ahmed e il presidente dell’Eritrea Isaias Afewerki. Nel segno della continuità, l’immagine del 2019 potrebbe essere ancora Abiy Ahmed, che per quell’abbraccio ha ottenuto il riconoscimento del Nobel per la pace. Senza dubbio il riavvicinamento tra questi due Paesi del Corno d’Africa – che hanno una storia di vicinanza con l’Italia – ha costituito una svolta storica con effetti positivi, benché ancora precari, che si stanno estendendo anche a Somalia e Gibuti.
Ma sul podio delle immagini che ci giungono dal continente, il 2019 potrebbe annoverare anche un’altra istantanea: quella delle piazze in subbuglio, delle piazze che hanno determinato cambiamenti, delle piazze che si sono fatte strumento e mezzo di istanze e rivendicazioni. E il pensiero va innanzitutto alle piazze di due Paesi tra loro vicini: il Sudan e l’Algeria.

In Sudan, Omar Hassan al-Bashir è stato deposto dopo mesi di proteste e la transizione si è concretizzata in un accordo tra opposizioni e militari. Il problema resta il rilancio economico, che sarà difficile fino a quando resteranno in vigore le sanzioni che bloccano l’accesso agli investitori internazionali. Qualcosa potrebbe però cambiare e far aprire nuovamente il Paese, che intanto ha riannodato i legami diplomatici con il resto della regione ‘guadagnando’ anche la presidenza di turno dell’Intergovernmental Authority on Development (Igad), il blocco a cui aderiscono i Paesi del Corno d’Africa, oltre a Kenya, Uganda, Sudan e Sud Sudan.

 

In Algeria la piazza è stata una costante per tutto l’anno, ha portato alla fine della lunga presidenza di Abdelaziz Bouteflika (il 2 aprile) e alla presidenza ad interim affidata ad Abdelkader Bensalah, e ha segnato un tortuoso percorso elettorale.
Ma Sudan e Algeria non sono state un’eccezione ‘araba’ nel panorama africano. Le piazze si sono animate anche in altre regioni del continente, quasi che la forza dei giovani che compone le società africane unita alla sempre maggiore penetrazione delle tecnologie di telefonia mobile – e quindi dei social e della possibilità di condividere rapidamente informazioni, notizie, pensieri – abbia avuto la necessità di concretizzarsi in azioni visibili e reali, e non soltanto in esibizioni collettive virtuali.

Un dinamismo misurabile anche attraverso le connessioni a Internet attive, per esempio, attraverso gli smartphone. Secondo l’ultimo rapporto di Gsma, l’associazione che rappresenta gli interessi degli operatori di telefonia mobile nel mondo, le connessioni dell’Africa subsahariana sono 301 milioni; gli utenti unici di telefonia 456 milioni (per un tasso di penetrazione del 44%). Nel rapporto si elaborano stime secondo cui nel 2025 si passerà a 689 milioni di connessioni e a 623 milioni di utenti unici. Nello stesso periodo aumenterà il numero di connessioni di maggiore qualità grazie a un maggior ricorso a tecnologie più moderne (3G,4G e 5G): così se nel 2018 gli utenti che usavano il 2G erano il 53%, nel 2025 il 62% si collegherà tramite 3G, il 23% tramite 4G e il 3% tramite 5G.
Trasferire idealmente questi dati sopra la cartina dell’Africa, aiuta a capire come di fronte a noi abbiamo un continente che sta correndo in maniera forsennata, che ha voglia di condividere informazioni, che sempre di più entrerà nel circuito delle nuove tecnologie di comunicazione saltando tappe che altre regioni del mondo hanno dovuto per forza di cose sperimentare.
E questo, considerando la bassissima età media del continente e la preponderanza delle fasce giovani sotto i 30 anni di età rispetto alle altre fasce di età, avrà effetti sul piano sociale e politico.

Anche grazie alle nuove tecnologie le piazze si stanno attrezzando, a volte facendo da pungolo a situazioni positive e di sviluppo. Sul fondo restano intatti i grandi temi globali che vedranno l’Africa protagonista, a partire dal clima e dalle emergenze legate all’ambiente. E resta la voglia di un continente di contare sempre di più nelle assise internazionali.
Una voglia che è popolare ma che sempre più viene fatta propria anche dalle classi dirigenti del continente. Queste ultime, a modo loro, hanno dato vita ad altre due piazze importanti. A luglio c’è stato il varo dell’Area di libero scambio continentale africana (AfCFTA). L’accordo si concentra sulla riduzione delle tariffe e delle barriere non commerciali che precludono lo sviluppo del commercio intra-africano. Attualmente il commercio intra-africano è pari ad appena il 15% del totale degli scambi dei Paesi del continente, rispetto al 47% circa delle Americhe, al 61% dell’Asia e al 67% dell’Europa. Secondo le stime delle principali istituzioni finanziarie continentali e internazionali, la piena liberalizzazione delle tariffe potrebbe contribuire ad aumentare gli scambi intra-africani di almeno il 33% rispetto al livello attuale, attirando ulteriori investimenti e creando nuove opportunità di mercato per favorire l’industrializzazione del continente attraverso la creazione e lo sviluppo di catene del valore regionali. Inoltre le previsioni sostengono che, se pienamente applicato, l’accordo di libero scambio potrebbe garantire un aumento del prodotto interno lordo nei Paesi aderenti compreso tra l’uno e il tre per cento all’anno.

L’altra piazza è stata quella vista a Johannesburg a novembre: nella città sudafricana 2221 delegati provenienti da 109 paesi del mondo (48 africani) hanno preso parte alla seconda edizione dell’Africa Investment Forum (Aif 2019) organizzato dalla Banca Africana di Sviluppo (AfDB) che è riuscito a raccogliere, in tre giorni di incontri, impegni per investimenti per un totale (parziale) di 40,1 miliardi di dollari. Soldi che serviranno soprattutto alle esigenze infrastrutturali del continente, che sono enormi e che richiedono una rapidità di intervento pari alla corsa demografica e al sempre più consistente spostamento di popolazioni dalle campagne alle città.
“Stiamo cambiando la narrativa sul continente. L’Africa è bancabile. L’Africa brilla. Ora inizia il lavoro duro, accelerare la chiusura finanziaria degli accordi raggiunti in questi tre giorni. Ci vediamo il prossimo anno”, ha concluso il presidente dell’AfDB, nonché infaticabile mattatore della tre giorni, Akinwumi Adesina. Un’Africa che proprio a Johannesburg brillava un po’ di più, anche grazie alla vittoria degli Springboks ai Mondiali di rugby tenuti in Giappone solo pochi giorni prima e celebrati in Sudafrica da piazze festanti di tifosi che abbracciandosi cancellavano allo stesso tempo un passato ancora vicino di intolleranze e discriminazioni.

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