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Tempesta tropicale in El Salvador: gestire l’emergenza per ricostruire insieme

Amanda e Cristobal si sono abbattuti sul Paese centro americano, con effetti devastanti sulle popolazioni più vulnerabili. La cooperazione italiana è al fianco dei salvadoregni nel progettare il post-emergenza


Perdere tutto. I propri affetti, i ricordi di una vita, i beni materiali. Perdere il tetto sotto il quale ogni famiglia si ritrova e si sente al sicuro. Perdere anni di sacrifici, perdere la speranza. Questa è la situazione in cui si sono trovati i 12 mila salvadoregni colpiti da Amanda e Cristobal, le tempeste tropicali che si sono scagliate sul Centro America alla fine di maggio. Sei giorni di pioggia battente, ininterrotta. 850 mm di acqua caduta solo nei primi due giorni. La stessa quantità di acqua che cade durante sei mesi di stagione invernale. Vite stroncate, case distrutte. Intere comunità sepolte nel fango. Lungo le strade le persone tentano di recuperare i propri effetti personali, spazzati via, ridotti a spazzatura. I fiumi sono straripati, la potenza dell’acqua ha travolto le baracche costruite sulle sponde ed ha lasciato dietro di sé quella che sembra una discarica a cielo aperto.

La potenza dell’acqua ha trascinato via molte case che sorgevano sulla sponda del fiume © Victor Pena/ El Faro

Tutto ciò accade alle fasce più vulnerabili della popolazione – che vivono generalmente in zone di rischio, come le aree scoscese soggette a frane e smottamenti – di una delle regioni più povere del mondo, e nel bel mezzo della pandemia del Covid-19. Le aree rurali sono state tra le più colpite. La tormenta si è scagliata sui campi proprio durante la stagione della semina dei grani basici. Il ministero dell’Agricoltura e dell’Allevamento ha stimato ingenti perdite di raccolto – 284mila quintali di cereali di base – e di bestiame causati dalla tempesta tropicale. Una delle realtà più toccate dal disastro ambientale è senz’altro il comune di Suchitoto: i fiumi Acelhuate e Lempa hanno esondato causando gravi danni alle coltivazioni e alle abitazioni, già precarie e fatiscenti, situate sulle rive di questi corsi d’acqua. “Non abbiamo più nulla, abbiamo perso tutto…ma non abbiamo un altro posto dove andare. Questa è la casa dove sono nato e dove ora stavo costruendo la mia famiglia” racconta Don Marcos mentre cerca di recuperare il divano della sua casa dalla strada.

Perché quelle baracche erano costruite in una zona così pericolosa? Il problema dell’edilizia è uno dei più gravi in El Salvador, dalla cattiva pianificazione urbana al basso potere d’acquisto delle fasce più vulnerabili. Il diritto di possedere una casa degna non è contemplato. Le istituzioni tamponano il problema, stanziando fondi per ricostruire case nelle stesse zone pericolose, evitando di affrontare la situazione con una visione a lungo termine. Luis vive nel comune di Santa Lucía da 42 anni, ogni anno durante questa stagione la sua casa si allaga, ma quest’anno la tempesta è stata più forte del solito, “era dall’uragano Mitch che non subivamo danni così gravi” ci racconta.

Una donna tenta di recuperare il materasso della sua casa dalla strada © Victor Pena/El Faro

I disastri naturali permettono di portare alla luce alcune realtà vulnerabili che inspiegabilmente sembrerebbero invisibili agli occhi del mondo. Dona Yanira, 34 anni, ora dorme, con i suoi figli di sei e due anni, nella chiesa di Sonsonate: “Non mi è rimasto niente. Sono uscita solo con i vestiti che portavo addosso e i miei figli, la prima cosa a cui ho pensato appena ho visto l’acqua alzarsi in casa”. El Salvador è uno dei paesi più esposti all’impatto dei cambiamenti climatici e per questo è soggetto a numerose problematiche ambientali, come le tormente tropicali. Queste ultime sono le cause fondamentali del fenomeno della migrazione, sia interna (dalle zone rurali alle città) sia verso altri paesi.

L’Agenzia italiana per la Cooperazione allo sviluppo (Aics), sede di San Salvador, ha preso parte alla risposta umanitaria e ha cercato di contribuire a mitigare l’emergenza. Nonostante le molte difficoltà di coordinamento – anche dovute alle misure restrittive imposte dal governo per far fronte alla pandemia Covid-19 – si è cercato di fare sistema attraverso interventi congiunti, con il fine di ottimizzare le risorse disponibili. Questo intento ha spinto alla creazione di un Team Italia, formato dalle Ong italiane operanti nel territorio e dall’Agenzia, che attraverso un’azione coordinata potesse contribuire a contrastare l’emergenza. Le difficoltà organizzative insorte per far fronte alle tempistiche emergenziali non hanno impedito l’intervento che si è attuato su due fronti: da una parte sono stati riorientati dei fondi destinati alle diverse iniziative di sviluppo, dall’altra sono stati donati beni di prima necessità ai più colpiti, come materassi, kit di igiene personale e pacchetti alimentari di prima necessità.

L’interno delle baracche totalmente distrutte © Victor Pena/El Faro

Amanda è arrivata e, impetuosa, ha spazzato via il futuro di molte famiglie. Ora è necessario proiettarci nel dopo emergenza, metterci al servizio delle comunità più vulnerabili per supportarle nel processo di ricostruzione del loro futuro. I salvadoregni non perdono il loro spirito, hanno voglia di andare avanti, nonostante tutto, con la tenacia che li contraddistingue: la loro capacità di reinventarsi, di rimboccarsi le maniche e ricominciare da zero. Non manca nei loro volti la voglia di rimettersi in gioco e per ricostruire, passo dopo passo, la loro vita.

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