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Un cacao più trasparente ed equo con la blockchain

Si chiama Fair & Trusty Trade ed è il progetto finanziato dal Bando profit dell’Aics che ha consentito di applicare una moderna tecnologia alla filiera del cacao in Costa d’Avorio. Con un obiettivo: migliorare le condizioni di vita dei piccoli produttori

Prendiamo il mercato da 130 miliardi di dollari del cacao. Poi prendiamo due Paesi dell’Africa occidentale, Ghana e Costa d’Avorio, che da soli coprono il 65% della produzione mondiale di cacao. Aggiungiamo che i principali mercati dei prodotti contenenti cacao sono Europa e Nord America e che di quei 130 miliardi di dollari che ruotano attorno al cacao, ai produttori agricoli va una percentuale compresa tra il 5 e l’8%. A chi e dove va il resto?

A rispondere al quesito è Michele Nardella, direttore della Economics and Statistics Division della International Cocoa Organization (Icco), organizzazione intergovernativa nata nel 1973 sotto gli auspici delle Nazioni Unite che ha la sua sede ad Abidjan, in Costa d’Avorio. Al tavolo del cacao, sottolinea Nardella, i piccoli produttori occupano il posto più piccolo, replicando una dinamica che è comune nel mondo dell’agricoltura. I produttori sono quelli che si assumono vari rischi e che allo stesso tempo, per una serie di ragioni, non hanno gli stessi benefici economici di altre parti della filiera. Le fette della torta più consistenti vanno infatti a chi compra il cacao e lo trasforma in cioccolata e alla grande distribuzione. E c’è un altro attore che sul prezzo del cacao trae un suo guadagno: le agenzie delle entrate dei mercati di riferimento, che con l’applicazione dell’Iva sui prodotti finiti trovano anche loro un ritorno economico. Chi coltiva è la componente più debole di una filiera lunga e complessa.

“Per ovviare a questo fenomeno – spiega Nardella – si potrebbe pensare che basterebbe semplicemente aumentare i costi all’origine per consentire maggiori introiti ai coltivatori”, ma regolare il mercato secondo questa logica non è così semplice. Una misura di questo tipo infatti potrebbe avere respiro corto e nell’arco di pochi anni rendere più grave il problema perché porterebbe a un aumento della produzione (più coltivatori attratti dai possibili maggiori introiti) e a un conseguente crollo dei prezzi (per un eccesso di produzione rispetto alla domanda).

A pesare sulla regolazione del mercato è innanzitutto una asimmetria di fondo nella distribuzione del valore che ruota attorno al cacao: le zone di produzione non coincidono con le regioni di trasformazione e con i mercati finali, inoltre nelle zone di produzione c’è un generale problema di sviluppo economico. Un’agricoltura di sussistenza, con una forza lavoro a buon mercato e un’assenza di altre opportunità, mette in moto un meccanismo di replicazione e mantenimento dell’attuale status quo. In altre parole – sottolinea Nardella – per far guadagnare di più i piccoli produttori servirebbero nuovi mercati (per esempio la Cina che è ancora molto indietro come consumo pro capite) o un generale sviluppo economico con il passaggio da un’agricoltura di sussistenza ad una agricoltura fatta di aziende più grandi e in grado quindi di affrontare investimenti e ragionare su economie di scala. Un’altra strada è quella di creare valore aggiunto, lavorando il cacao a livello locale per ottenere prodotti semilavorati o anche finiti, cioè la cioccolata. E una parola chiave per creare valore aggiunto e assicurare già oggi ai Paesi di produzione una fetta più importante del volume generato, è “tracciabilità”. La domanda, in questo caso, è come rendere completamente tracciabile un prodotto realizzato da una miriade di piccoli produttori. La tecnologia della blockchain ha dato una risposta.

Il progetto Fair & Trusty Trade

Alla filiera del cacao e alla valorizzazione delle produzioni africane è dedicato Fair & Trusty Trade, un progetto che si è aggiudicato una linea di finanziamento messa a disposizione dal Bando profit, l’iniziativa dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics) pensata per coinvolgere il mondo delle imprese alla cooperazione. Il progetto Fair & Trusty Trade è stato messo a punto da una società italiana, Apio, nata dalla volontà di quattro ex studenti del Politecnico delle Marche di fornire sistemi digitali innovativi alle aziende.

Apio – lavorando in collaborazione con Andrea Mecozzi, esperto di cioccolato creatore della rete di produttori sostenibili Chocofair, e con Ong e diverse realtà ivoriane – ha usato la sua piattaforma blockchain Trusty per tracciare la storia del cioccolato di barrette prodotte in Costa d’Avorio e importate e vendute dall’azienda italiana Domori. Il cliente, scansionando un Qr code che trova sulla confezione, può risalire all’origine del cacao, vedendo come e dove è stato prodotto e che passaggi ha fatto prima di diventare cioccolato.

“Democratizzare l’accesso alle nuove tecnologie lungo tutta la filiera del cacao, partendo dall’Africa, per il bene di ambiente e produttori, è l’obiettivo finale di Apio” sottolinea a Oltremare Alessandro Chelli, amministratore e cofondatore di Apio, a margine di un evento organizzato all’ultima edizione di Eurochocolate, a Perugia. Nel progetto portato avanti in Costa d’Avorio, l’intuizione, aggiunge Chelli, “è stata quella di usare la blockchain per tutelare una filiera lunga come quella del cacao, tramite la tracciabilità. È stata una sfida resa difficile dai tanti attori e dai vari passaggi in gioco”.

L’operazione è però riuscita ed è diventata un modello applicabile in altri contesti e Paesi. Trusty traccia raccolta, fermentazione, essiccazione, consegna, trasporto, esportazione, ingresso nel magazzino e tutti i processi di trasformazione finale. Le informazioni certificate finiscono dentro al Qr code apposto su ogni barretta e tramite il quale si può risalire alla storia di ogni fava di cacao. “Questa tecnologia non è più un qualcosa di avveniristico. Per fruirne serve solo uno smatphone”. Inoltre Trusty è un sistema open source: i dati, i server e il loro controllo sono in mano alle cooperative che riuniscono i produttori.

Nello stesso evento di Eurochocolate, Andrea Mecozzi ha sottolineato come grazie al progetto Fair & Trusty Trade 400.000 chili di cioccolato sono stati venduti con un incremento del 15% del guadagno per i produttori. “Oltre 220 lavoratori hanno visto cambiare in meglio le loro condizioni di vita” ha aggiunto Mecozzi sottolineando come l’obiettivo sia “di continuare in Costa d’Avorio ma non solo e di arrivare a tracciare più cacao e cioccolata possibile”.

Trasparenza

Più salti ci sono nelle filiere e più diventa difficile influenzare l’informazione. Questo è l’assioma su cui si regge il progetto finanziato da Aics. Un importatore di fave di cacao tramite una piattaforma come Trusty non fornisce solo le sue informazioni ma comunica anche quelle delle cooperative. In questo modo per il produttore è quasi impossibile andare a cambiare le informazioni dichiarate all’origine. Il sistema garantisce se stesso.

Secondo Alessandro Chelli, questo porta con sé due vantaggi, “uno di efficienza e uno di marketing”. Avere una filiera trasparente dal punto di vista dell’efficienza permette alle aziende di acquisire informazioni in maniera più semplice e più veloce e questo è un incentivo per sviluppare un processo trasparente. Non meno importante per i produttori è però poter mostrare questa trasparenza direttamente al consumatore, grazie ai contenuti registrati sulla blockchain e disponibili tramite il Qr code.

Questo è il cuore anche del progetto Fair & Trusty Trade, che si è appena concluso ma che, sottolineano i suoi promotori, ha posto le basi per un suo ampliamento, il cui successo è legato alla volontà di rendere quello del cacao un mercato in cui anche i piccoli produttori siano protagonisti. “Trusty è stato utile per noi, ci ha permesso di avere un’ottima gestione della tracciabilità dei nostri prodotti e una buona visibilità delle nostre attività, dalla semina all’esportazione” ha detto Estelle Konan, direttrice della cooperativa Yosran, uno dei soggetti coinvolti nel progetto. “Un sistema vantaggioso che ha consentito alla nostra cooperativa di farsi conoscere e che è andato anche a vantaggio del consumatore finale, che adesso sa finalmente da dove proviene ciò che consuma”.

La cooperativa Yosran è nata nel 2018 fondata da Konan, operatrice specializzata nel cacao biologico in Costa d’Avorio e cresciuta professionalmente nella Sceb di Tiassalé, la prima coop ad ottenere il certificato bio nel Paese nel 2011. La cooperativa ha sede a Tiassalé e opera con 158 soci suddivisi su cinque villaggi e con una estensione colturale di 428 ettari. “Sono questi i primi beneficiari del nostro progetto – concludono Chelli e Mecozzi – sono proprio quei contadini, quelle cooperative che rappresentano il primo tassello della filiera e che oggi grazie alla tecnologia possono migliorare e crescere”.

Biografia
Gianfranco Belgrano
Nato a Palermo nel 1973, Gianfranco Belgrano è un giornalista e si occupa soprattutto di esteri con una predilezione per l’Africa e il Medio Oriente. È direttore editoriale del mensile Africa e Affari e dell’agenzia di stampa InfoAfrica, per i quali si sposta spesso nel continente africano. Ha studiato Storia e Lingua dei Paesi arabi e vissuto per alcuni anni tra Tunisia, Siria e Inghilterra prima di trasferirsi a Roma. Ha lavorato o collaborato con varie testate (tra cui L’Ora ed EPolis) e si è avvicinato all’Africa con l’agenzia di stampa Misna, lasciata nel 2013 per fondare con alcuni amici e colleghi il gruppo editoriale Internationalia.
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