Ultimi articoli

  /  Rubriche   /  Dal mondo accademico   /  La centralità del territorio per uno sviluppo sostenibile

La centralità del territorio per uno sviluppo sostenibile

Garantire uno sviluppo sostenibile vuol dire promuovere uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future. Questo vuol dire che un qualsiasi intervento o azione contestualizzata in un determinato territorio deve risultare sostenibile non solo dal punto di vista ambientale ma anche economico, sociale e “temporale” (cioè la capacità di uno specifico intervento o di un progetto di produrre e riprodurre i benefici attesi anche dopo la sua conclusione)1. Ciò significa prendere fortemente in considerazione il contesto entro il quale sono programmati gli interventi, al fine di evitare che, essi stessi, siano in seguito fonte di conflitti. In altre parole, evitare l’insorgere di circostanze conflittuali implica lavorare su due “presupposti fondamentali” ossia “progettare iniziative valide e vantaggiose per il territorio”2.

La valorizzazione dei territori e la peculiarità degli stessi sta acquisendo una nuova centralità per due ordini di motivi: Da un lato la globalizzazione, con i fenomeni ad essa correlati (come il processo di deterritorializzazione), ha fatto sì che il territorio sia di nuovo al centro delle politiche di sviluppo poiché “il locale diventa valore aggiunto nella nuova competizione internazionale”; dall’altro, il territorio si converte in un’identità, poiché le appartenenze del passato, come quella ideologica o di classe, stanno perdendo significato mentre si assiste “all’emergere (o al riemergere) di particolarismi, localismi e nuove appartenenze”3.

Tale protagonismo del territorio sia come “valore aggiunto” che come “riferimento identitario” richiede oggi, una progettazione contestualizzata, attenta cioè alle peculiarità locali e che prenda in considerazione i seguenti due elementi e la storia della loro sedimentazione:

  1. Fisico-Materiale: caratteristiche naturali del territorio, situazione strutturale e infrastrutturale (realtà socioeconomica dell’area). Sono dati oggettivi, quantificabili e rilevabili statisticamente dai quali può emergere un quadro demografico e socioeconomico “nella sua costruzione cronologica”.
  2. Umano-Immateriale (intimamente connesso alla costruzione identitaria): le percezioni, gli atteggiamenti e i sentimenti di una comunità da cui dipendono “l’immagine che la comunità ha di se stessa e le visioni sul proprio futuro e, poiché ogni intervento è destinato a provocare un mutamento, la comprensione di tali visioni è determinante ai fini della sua accettabilità”4. Il miglior mezzo per conoscere questa seconda dimensione è l’indagine etnografica promuovendo “l’ascolto” all’interno di “luoghi chiave” e cioè portatori di opinioni.

Entrambi gli elementi offrono un riferimento importante per ogni progetto che preveda degli interventi più o meno invasi. Allo studio e alla valutazione degli elementi Fisico-materiali e Umano-immateriali, si affiancano le best practices dello European Awareness Scenario Workshop. La metodologia EASW, introdotta dapprima in Danimarca e fatta propria dalla Commissione Europea a partire dal 1994, nasce come una strategia finalizzata alla ricerca di un accordo fra i diversi gruppi, portatori di interessi in ambito locale, con l’obiettivo di stimolare la partecipazione in programmi finalizzati allo sviluppo sostenibile di un territorio. La sua forza risiede nella democraticità, promuovendo il dibattito e la partecipazione, nelle scelte legate al miglioramento delle condizioni di vita delle comunità coinvolte.

“Se vi è interazione fra i vari gruppi sociali e i responsabili della innovazione o del cambiamento negli stadi iniziali del percorso di sviluppo, l’influenza della società è più ampia e il suo coinvolgimento può aumentare la possibilità di risolvere problemi complessi in modo più adeguato al soddisfacimento delle esigenze sociali. L’EASW nasce per fare incontrare la società civile ed i responsabili della innovazione o del cambiamento, prima che si riducano i margini per indirizzare il processo di sviluppo. Attraverso tale metodo si può implementare la ricerca della ‹‹visione comune›› a cui fanno riferimento documenti e carte di livello comunitario”5.

 

 


1 M. Tommasoli, Politiche di Cooperazione internazionale, Carocci editore, Roma 2013.
2 R.Rega, A. Caramis, a cura di, Conflitti insostenibili, Edizioni Nuova Cultura, Roma 2012, p. 293.
3 Ivi, 294
4 Ivi, 298.Un importante studio di Mary Douglass descrive come ogni comunità e ogni cultura stabilisce cosa debba essere considerato come un pericolo o meno e quindi quale tipo di intervento possa essere meritevole di attenzione. “Una comunità usa la propria esperienza comune, accumulata nel tempo per determinare quali perdite prevedibili saranno più probabili, quali perdite probabili saranno più dannose, e quali danni possono essere evitati”.
Ivi, 28.

5 A. Mesolella, riflessioni locali delle politiche europee, Alinea, 2002.

Hanno collaborato alla stesura del testo: Francesca Romana Cacciatori, Giorgia Della Valle, Vanessa Sterpone.

Informazioni sull'autore

Gianluca Senatore è Professore aggregato presso il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza Università di Roma, dove insegna “Comportamenti Collettivi e Sostenibilità Socio-Ambientale” e “Sociologia dell’Ambiente” presso l’Aria didattica di Cooperazione e Sviluppo. È componente del Gruppo di Lavoro del MiUR “Scuola, Università e Ricerca per l’Agenda 2030”. Si è laureato in Scienze Politiche e ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia dell’Europa alla Sapienza. Ha scritto e pubblicato molti volumi e contributi sulla sostenibilità e sullo sviluppo sostenibile e altri contributi sulla valutazione. Tra i più rilevanti: Modernità e sostenibilità in Russia. Alle origini dell’ambientalismo scientifico (2016), Roma: Edizioni Nuova Cultura. Storia della Sostenibilità. Dai limiti della crescita alla genesi dello sviluppo (2013), Milano: FrancoAngeli.

You don't have permission to register