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Inclusione e collaborazione per un’istruzione accessibile

Tramite la storia e l'esperienza di Rebecca Diotallevi, project manager ora di stanza a Beirut, emerge l'impegno di Aics e delle Osc per un'educazione alla portata di tutti, dalla Palestina al Libano

“Bright – Energia e Inclusione per un’istruzione accessibile e sostenibile” è uno degli ultimi progetti avviati in Libano grazie a un finanziamento di quasi un milione di euro del Programma emergenza della Cooperazione italiana. A occuparsene come project manager è Rebecca Diotallevi per l’organizzazione italiana Icu, l’Istituto per la cooperazione Universitaria, che si racconta da Beirut a colloquio con Oltremare.

Un lavoro, quello della cooperazione allo sviluppo, “che accompagna una scelta di vita”, esordisce. “Si sceglie di abitare una casa lontano da casa, di immergersi e confrontarsi con posti nuovi, culture, ritmi, climi, cibi diversi. È un impiego che mette tutto in prospettiva, evidenzia il privilegio che ci portiamo da persone nate e cresciute in un contesto di pace”. Tutto questo può essere difficile da elaborare e allo stesso tempo arricchisce la sua visione del mondo e delinea nuove consapevolezze.

L’Osc Vis – Volontariato Internazionale per lo Sviluppo le ha dato per prima la possibiltià di fare esperienza a Tambacounda, in Senegal. “Sono stati tre mesi intensi dove ho avuto la possibilità di curiosare nella vita dei cooperanti che ho incontrato e che mi hanno accompagnata in quei tre mesi. È stato interessante comprendere la diversità delle persone che decidono di fare questa vita: diverse motivazioni, diverse formazioni, diverse specializzazioni e aspirazioni”.

Rebecca Diotallevi. © Vis

Nel 2020, sempre con Vis, ha avuto l’opportunità di iniziare il Servizio civile in Palestina. “Quella è stata la mia incubatrice professionale, dove ho costruito le basi della project manager che sono oggi e che sarò domani.” Afferma, convinta che lavorare nella cooperazione sia “una continua scelta e spinta nel provare a costruire un mondo più giusto e possibile.” Aveva già cominciato a pensare a come poter trasformare questa tensione in qualcosa di più concreto e professionale dopo un’esperienza di volontariato in Senegal, a diciannove anni. Ora vive l’impegno quotidiano di un lavoro che va costantemente messo in discussione per non perdere la bussola e perseguito con determinazione. “Lavorare dal campo aiuta a non perdere il contatto con ciò che si fa, con la realtà nella quale si interviene ad uscire da documenti, schermi e burocrazie, parti necessarie del nostro lavoro ma che necessitano di una vicinanza per poter raggiungerne davvero gli obiettivi e i risultati e misurarne l’impatto.”

Ancora con il Vis la cooperante italiana ha poi gestito il progetto di emergenza “Scuola a misura di bambino” finanziato dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo svilippo (Aics) e realizzato in Cisgiordania, nei Territori Palestinesi. Lì ha contribuito a conseguimento obiettivi e i risultati: 1.100 bambini vulnerabili e le comunità hanno migliorato la loro salute mentale e beneficiano di un’ambiente scolastico più sicuro attraverso la riabilitazione delle strutture delle scuole.

Bambini in campo. Una foto del progetto “Scuola a misura di bambino”. © Vis

“Lavorare con Aics sul campo è sicuramente uno scambio di prospettive interessanti, si pensa spesso al donatore come a un’entità lontana ma durante l’implementazioe dei progetti, le visite di monitoraggio si creano connessioni preziose che possono portare ad un confronto sincero e ad una maggiore comprensione delle diverse dinamiche di chi implementa i progetti e chi li finanzia”. Inoltre, “lavorando principalmente su progetti del Programma emergenza il mio rapporto è principalmente con le sedi estere di Aics che sono ancora più vicine alle Osc e al campo”, come ora appunto Aics Beirut.

La sua è una vita ormai nota ai cooperanti. Una vita “che porta ad avere progetti che sono spesso legati a quelli che gestisci, in termini di tempo almeno. Professionalmente vorrei continuare a crescere come project manager specializzarmi in programmi di educazione e protezione e continuare a formarmi con curiosità e passione”. Per Diotallevi, la cooperazione è vivere costantemente aperture e chiusure. Nelle chiusure si lasciano persone e spazi che sono diventati sicuri, “nelle aperture ricerchi un nuovo equilibrio, un nuovo posto da chiamare casa e nuove persone da riconoscere amiche. Ora sono arrivata in Libano da qualche mese e spero che per un po’ resterà casa, poi chissà, ma per il momento va bene così”.

La storia della project maneger di Icu è una tra le tante dimostrazioni che il lavoro delle Ong è fondamentale per la professionalizzazione di giovani esperti di cooperazione che riversano poi le proprie competenze nell’implementazione dei progetti finanziati da Aics, con una ricaduta positiva per le comunità dei Paesi partner.

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