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Nicoletta Polla-Mattiot (Sole24Ore): poca informazione sulla cooperazione. Serve approfondimento

Per la direttrice di IL non c’è abbastanza attenzione sui temi di cooperazione e sviluppo sostenibile. «Servono narrative che avvicinino alla quotidianità dei lettori».


Per Nicoletta Polla-Mattiot ripensare l’informazione è una costante professionale. Giornalista da oltre trent’anni di esperienza, dopo la gavetta a La Stampa e a La Repubblica, si è specializzata nella ideazione, progettazione e sviluppo di periodici, quali Grazia (come condirettore), PerMe (come direttore) e, come direttore editoriale, ha contribuito al progetto WE-Women for Expo (la rete mondiale di donne sul tema Nutrire il Pianeta Energia per la Vita, di Expo2015) di cui è rimasta Ambassador fino alla conclusione dell’Esposizione Universale. Oggi Nicoletta Polla-Mattiot, per il Gruppo 24 Ore, dirige una redazione unica, integrata per i magazine How To Spend It (edizione italiana del magazine del financial times) , IL (il maschile del Sole) e 24hours. Lifestyle, storie dal mondo, personaggi. Con un’attenzione nuova, però, alla sostenibilità. Oltremare l’ha incontrata per discutere di informazione e cooperazione allo sviluppo sostenibile.

Nicoletta, l’informazione copre a sufficienza i tempi di sviluppo sostenibile, cooperazione e le emergenze del sud del mondo?
In generale no, soprattutto dal punto di vista delle modalità temporali e di contesto. Poche chiavi di lettura complessive, d’inquadramento generale, e troppa estemporaneità. La logica imperante è quasi sempre la tragedia/l’emergenza/la curiosità/il singolo personaggio. Si perdono di vista gli scenari.
Che spazio dà lei nelle sue testate, in particolare su IL, a questi temi?
Non con frequenza, ma cercando di ovviare alle due modalità suddette, privilegiando il taglio d’inchiesta e approfondimento ampio (svincolato dalle emergenze). Nel contesto di un giornale, non di news, ma di approfondimento e di intrattenimento da weekend, credo di riservare uno spazio abbastanza ampio a questi temi.
Quali sono i temi dentro la macro-area della cooperazione allo sviluppo che interessano di più ai lettori?
Indubbiamente quelli economico-finanziari e quelli sul tema ambiente/ecologia.
Servono nuove narrative per creare interesse sulle storie di cooperazione e sviluppo sostenibile?
Sì. È un po’ come chiedere la pietra filosofale che renda lettori i non lettori. Sicuramente occorrono narrative meno “colpevolizzanti” e più attraenti, informare senza annoiare. Io credo molto nell’utilità come chiave per preservare il valore del lavoro giornalistico: anche gli argomenti più lontani, difficili, possono essere “avvicinati” con la lente delle loro ricadute sul day-by-day, sulla vita quotidiana e pratica, delle persone e sulla loro possibilità di incidere singolarmente, con i loro comportamenti, sulla realtà.
Quanto incidono le notizie di politica interna sui temi di esteri?
E’ tutto collegato ed interconnesso.
Quale è la storia di sviluppo o di ambiente di cui vai più fiera?
Sull’ultimo numero di IL sono stata felice di ospitare l’inchiesta di Luca Berardi, sedicenne che ha intervistato suoi coetanei che, in diverse parti del mondo, hanno fondato e dirigono imprese “verdi”: c’è chi trasforma la plastica in mattoni, chi recupera gli scarti alimentari, chi ha inventato e brevettato noci lavanti per riciclare l’acqua delle lavatrici. Hanno vinto premi internazionali, sono capaci di guadagnare con la sostenibilità e pensano di aver qualcosa da insegnare a Greta Thunberg. Ed è stato interessante che ad incontrarli e intervistarli per IL, sia stato un ex bambino prodigio, fondatore all’età di 8 anni di un’associazione in Kenya per la difesa degli animali contro il bracconaggio e oggi, che ha compiuto 16 anni, ambientalista e membro della giuria del Children’s Climate Prize.
Su quale tema desidereresti lavorare nel 2020?
Su qualunque tema ci sia una storia davvero interessante da raccontare ai nostri lettori!

 

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