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Verso il “Sustainable fashion”: i brand italiani che guardano all’agenda 2030

A gennaio 2016, l’Assemblea Generale dell’ONU ha adottato i Sustainable Development Goals (SDGs): diciassette obiettivi interconnessi tra loro, con il fine comune di creare crescita sostenibile per le generazioni future e migliori condizioni di vita per tutti. In Italia, uno degli ambiti dove si è registrata una serie di iniziative di impatto è quello dell’attività di cooperazione ad opera delle case di moda, inquadrabile in quello che viene definito “sustainable fashion”.

Mentre i canali di finanziamento allo sviluppo pubblici sembrano pressochè saturi, una strada ancora poco battuta è quella coinvolgere le imprese private, come affermato dall’Obiettivo per lo Sviluppo Sostenibile numero 17.171. Le strade percorribili sono molte e le formule che si stanno sperimentando variegate; molte sono costruite a partire dalle esperienze positive già vissute in questo settore.
Nel nostro Paese sono attive particolarmente le case di moda. Si tratta spesso di iniziative portate avanti in modo da mantenere un collegamento con il “core business” delle aziende che le promuovono e che in questo modo consentono di moltiplicare l’efficacia delle risorse investite: i progetti, perciò, hanno sia un effetto immediato che una capacità di indurre attraverso canali commerciali benefici eterogenei e ricadute di notevole impatto sociale. Una carrellata delle principali realtà italiane distintesi per l’impegno nell’aiuto allo sviluppo può fornirne la riprova.
Uno degli ambiti nei quali le nostre aziende si sono distinte è quello della promozione dell’emancipazione femminile, così come delineata dall’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile numero 5 (“Achieve gender equality and empower all women and girls”), contribuendo all’indipendenza economica e sociale delle donne, garantendo loro la possibilità di beneficiare di un lavoro dignitoso, equamente retribuito e svolto in luoghi appropriati. Non sono mancate iniziative attente alla salute e all’igiene sessuale.

BENETTON

Il primo esempio è quello del gruppo Benetton, da anni impegnato in campagne come Africa Works, nata nel 2008 per la promozione del micro-credito in Senegal, e Food For Life, realizzata nel 2003 insieme al World Food Programme. Nel 2014 Fabrica, centro di ricerca sulla comunicazione del gruppo, ha contribuito con la propria expertise alle campagne di sensibilizzazione sui temi dell’apolidia e della violenza sulle donne I Belong e End Violence Against Women, mentre i progetti più recenti fanno capo al Women Empowerment Program (WEP), che persegue la parità di genere, tema progressivamente divenuto centrale nella strategia del gruppo. Grazie a un simile impegno continuativo, Benetton è stata l’unica azienda italiana tra le dieci invitate al World Humanitarian Summit di Istanbul (maggio 2016). Sempre nell’ambito del WEP, al London Summit on Family Planning dell’11 luglio 2017, UNFPA e Benetton hanno lanciato Power Her Choices, campagna globale per la tutela delle donne nate da gravidanze non desiderate. Sviluppata da Fabrica, Power Her Choices mira ad accrescere la consapevolezza sulla pianificazione familiare.

Il progetto Sustainable Livelihood, lanciato ad ottobre 2016, si articola in un biennio di iniziative a sostegno di UN Women. “I fondi stanziati da Benetton sono finalizzati a migliorare le condizioni e ridurre la vulnerabilità delle donne – bangladesi e pakistane – impiegate nel settore tessile, sia a casa che sul luogo di lavoro. In Bangladesh Benetton sosterrà dalle 5000 alle 6000 donne impiegate nel settore Ready Made Garment; in Pakistan circa 1500 donne residenti nel distretto industriale di Sialkot, con preferenza per le disoccupate, quelle che lavorano a casa o nei campi e le appartenenti a minoranze etniche e religiose”.2 In occasione della Giornata internazionale della Donna (marzo 2017), è partita in India la campagna di sensibilizzazione #UnitedByHalf. Nel Paese, che è il più grande mercato di Benetton al di fuori dell’Italia, “il marchio è particolarmente popolare tra gli uomini, target principale della nuova campagna che cerca di convincerli a riconoscere le donne come partner al loro stesso livello e di rendere evidente il bisogno di una vera parità” (cit.) , parallelamente all’iniziativa AAROHI: Wings of Empowerment, mirata a educare le donne in merito alle problematiche sanitarie e al lancio della collezione di sciarpe Devbhumi x Benetton, realizzate da seimila tessitrici dell’Uttarakhand, a cui è stata messa a disposizione la rete di distribuzione Benetton per vendere le loro creazioni.
Anche l’attuale strategia di Corporate Social Responsibility (CSR) di Benetton è focalizzata sulla promozione dell’emancipazione femminile.

FONDAZIONE ZEGNA

Anche la Fondazione Zegna, legata all’omonima casa di moda, è fortemente impegnata in progetti filantropici e si è attivata in favore dell’emancipazione femminile. Stand Up for African Mothers è un progetto di Amref finalizzato a “ridurre la mortalità materna, neonatale e infantile attraverso la formazione di ostetriche” in Mozambico.
I progetti della Fondazione Zegna non sono, tuttavia, concentrati su una specifica tematica d’azione, ma sono accomunati dalla decisione strategica di operare attraverso la collaborazione con importanti ONG.
Dagoretti Child in Need Project 2000-2017 è un altro progetto di Amref, nato nel quartiere Dagoretti di Nairobi in Kenya con l’obiettivo di reintegrare i bambini che provengono da contesti di abusi o di abbandono. Il centro Amref fornisce accoglienza quotidiana ai bambini di strada, dando loro cibo, cure mediche e assistenza, aiutandoli anche a riunirsi con le proprie famiglie o affidandoli a tutori. Il progetto ha coinvolto sinora oltre cinquemila bambini ed è stato selezionato dal Governo keniota e dall’UNICEF come modello di riferimento. La Fondazione Zegna ha poi collaborato per il periodo 2004-2017 con WWF China sul progetto Corridoio del Panda, realizzato nella regione montana del Qinling per ridurre le minacce alla sopravvivenza del Panda Gigante. “Il progetto […] mira non solo alla salvaguardia della specie […], ma vuole creare un sistema virtuoso che garantisca vantaggi sia alle riserve (la regione montana del Qinling ne ospita venti) sia alle comunità locali, coinvolte in attività di tutela forestale secondo modelli di gestione sostenibile capaci di creare nuove professioni”, di promuovere l’ecoturismo, l’educazione ambientale “e di diffondere l’uso di fonti energetiche rinnovabili”.4 “Il successo del progetto lo ha trasformato in un vero e proprio modello di riferimento che è stato replicato in numerose altre aree della Cina, con l’obiettivo di bissare il raggiungimento di traguardi importanti come l’aumento del 40% dei redditi delle comunità locali, la diminuzione del disturbo all’habitat del 25 per cento e la realizzazione di oltre cento progetti di sostenibilità ambientale”5. Nel medesimo solco si colloca il progetto Zegna Baby Forest, attuato nel 2012 nella Mongolia Interna. Tramite il rimboschimento dell’area, si intende frenare l’avanzamento del deserto del Gobi e le tempeste di sabbia. L’intervento per la salvaguardia dell’ecosistema della Mongolia Interna ha importanti risvolti anche sul core business della casa di moda; è infatti da questa regione che proviene il cashmere più pregiato al mondo.6
Un’altra iniziativa di rilievo è quella denominata Silver Tent: realizzata in collaborazione con Oxfam in favore dei giovani delle comunità beduine della Cisgiordania, ha permesso a decine di loro di essere “coinvolti in corsi di formazione nei settori della meccanica, manutenzione generale, lavorazione del ferro e trasformazione degli alimenti […], e  di trovare un impiego in imprese locali. Grazie a Silver Tent, sono anche state “realizzate ed equipaggiate 11 unità produttive casearie e 8 unità produttive di prodotti artigianali”.7

OTB

Only The Brave Foundation è stata creata nel 2008 dall’omonimo Gruppo, capofila di marchi come Diesel e Marni, è la sua “mission” è di contribuire a riequilibrare le disparità sociali e allo sviluppo sostenibile in tutto il mondo. In collaborazione con Senhoa, ha contribuito al sostegno di circa 550 cambogiani, con iniziative a favore di occupazione femminile e lotta al traffico di esseri umani, mentre ha supportato l’associazione non-profit Plain Ink sin dalla sua nascita, aiutandola nella realizzazione di corsi di formazione in India e Afghanistan. Tra le iniziative più innovative, anche se non specificamente concentrate sul tema dell’emancipazione femminile, c’è la Qessa Academy di Kabul, una scuola per rinvigorire i metodi tradizionali di trasmissione della conoscenza, segnatamente con riguardo a tematiche quali “salute pubblica, mitigazione dei disastri naturali, ambiente e agricoltura”.8 Terza interessante collaborazione è quella iniziata nel 2012 con la non-profit Apopo, per l’addestramento degli HeroRATs della Tanzania ed operazioni di sminamento in Angola e in altri Paesi Africani, che hanno restituito alle comunità locali oltre 21 milioni di metri quadrati di terreni.

ARMANI

Oltre ai settori già presi in esame, le nostre aziende prestano molta attenzione anche alla tutela dell’ambiente e delle risorse naturali, inquadrando cosi la loro azione sotto l’ombrello degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile definiti dall’Agenda 2030 numero 6 (“Ensure availability and sustainable management of water and sanitation for all”) e 15 (“Protect, restore and promote sustainable use of terrestrial ecosystems, sustainably manage forests, combat desertification, and halt and reverse land degradation and halt biodiversity loss”).

In quest’ambito si distingue, in particolare, Armani. In collaborazione con Green Cross International e con UNICEF (negli Stati Uniti), ha lanciato nel 2011 Acqua for Life, una campagna per facilitare l’accesso a fonti di acqua potabile nei Paesi più poveri. Acqua for Life “si lega a due fragranze di riferimento per Giorgio Armani Beauty, Acqua di Giò ed Acqua di Gioia”9, il cui acquisto contribuisce alla causa, configurandosi, quindi, come un progetto di cause-related marketing.

I progetti condotti con la Croce Verde sono partiti in Ghana nel 2011, dove sono stati forniti oltre quaranta milioni di litri di acqua potabile a sedici comunità locali. Nel 2015 sono stati realizzati sistemi idrici simili per oltre cento comunità in tre continenti: Asia, Africa e Sud America. Ad oggi, infatti, sono state realizzate pompe per acqua, pozzi, bacini idrici e sistemi di raccolta dell’acqua piovana e di filtraggio e depurazione dell’acqua in Brasile, Costa d’Avorio, Senegal, Sri Lanka, Cina, Bolivia, Messico e Argentina. Complessivamente, il progetto ha permesso a queste comunità di accedere ogni anno a oltre 880 milioni di litri di acqua potabile. Di rilievo, in particolare, le operazioni condotte nel distretto brasiliano di Maranà, colpito nel 2015 dallo sversamento accidentale dei residui di una miniera di ferro, e nella provincia cinese del Guizhou, afflitta da pesanti fenomeni di inquinamento. Inoltre, parallelamente, GCI si occupa della formazione delle comunità per il corretto utilizzo e la manutenzione delle infrastrutture idriche, e porta avanti campagne di sensibilizzazione su problemi locali legati alle risorse idriche e all’igiene nelle scuole. Benefici diretti delle iniziative Acqua for Life sono sinora stati il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie; la riduzione delle malattie dovute a fonti idriche inquinate e la disponibilità di acqua per preparare il cibo quotidiano, per l’agricoltura e per l’allevamento.
Acqua for Life è anche uno dei principali partner di Tap project, iniziativa dell’UNICEF volta a incrementare la disponibilità di acqua potabile nonché ripristinarne l’accesso dopo le calamità, e a promuovere le norme igienico-sanitarie basilari, nelle scuole e nelle comunità dei Paesi più vulnerabili, come la Repubblica centrafricana, Haiti e Togo.

GEOX

L’altra compagnia che si è impegnata in materia ambientale è Geox, la quale collabora con Treedom al progetto Germogli di speranza per Haiti, “un’iniziativa volta al ripristino della flora locale di uno tra i Paesi con il livello di degrado ambientale più alti al mondo […] L’impatto del progetto non si ferma a quello ambientale: coinvolgendo le comunità locali vogliamo dare anche un valore sociale, creando opportunità di lavoro, innescando comportamenti virtuosi di tutela delle risorse naturali e iniziative di micro-imprenditorialità volte alla valorizzazione delle foreste e dei loro frutti”.10 Un primo “bosco Geox”, composto da 700 alberi, è stato fatto piantare nell’isola di Haiti nel 2013 e si sta costantemente arricchendo, arrivando oggi a 6.700 alberi. L’idea è nata da uno studio condotto in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente, dal quale è emerso il footprint del ciclo di vita di uno specifico modello di sneakers da bambino, da compensare attraverso i benefici del progetto. Anche Germogli di speranza per Haiti si configura tra le iniziative di cause-related marketing.

 

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Informazioni sull'autore

Marco Maria Cerbo - Primo Consigliere alla Rappresentanza Permanente presso le Organizzazioni Internazionali a ParigiValentina Vittone - Programma MAECI-CRUI

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