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Luiss Programma diaspore: cooperazione come “knowledge sharing”

Un ciclo di webinar per capire il mondo. Puntando sulle comunità e i talenti di origine straniera. Che si incontrano nel luogo giusto: l’università

Le comunità e i talenti di origine straniera come ponte, ideale e concreto, tra l’Italia, l’Africa e il mondo. Con l’università ad animare incontri, scambi e opportunità, nell’ottica della condivisione dei saperi e dello sviluppo sostenibile a livello internazionale. È la prospettiva di Diaspora Program, un’iniziativa promossa dalla Luiss Guido Carli con un ciclo di webinar a cadenza mensile fino al 25 maggio. Ad animare il primo appuntamento dirigenti dell’ateneo e rappresentanti di Le Réseau e di altre associazioni espressione delle comunità di origine straniera. Insieme con loro responsabili di primo livello del sistema della Cooperazione italiana allo sviluppo, in linea con gli impegni definiti dalla riforma di settore configurata dalla Legge 125/2014.

“Diaspora, knowledge and community”, questo il titolo del primo incontro online, il 26 gennaio, è anche una riflessione sul significato delle parole. Secondo Paola Severino, vicepresidente della Luiss con delega all’internazionalizzazione, “le diaspore non vanno intese solo come comunità che si allontanano dal proprio Paese ma anche e soprattutto come costruttrici di ponti, capaci di mix culturali che sono humus per le università”.

Una prospettiva, questa, rilanciata durante il webinar dalla viceministra degli Affari esteri e della cooperazione internazionale Emanuela Claudia Del Re. La sua tesi è che dalla “brain circulation”, la mobilità di studenti, esperti e professionalità, possono esserci ricadute positive. “Le diaspore contribuiscono allo sviluppo dei loro Paesi di origine con le rimesse, creando capitale sociale e condividendo le conoscenze acquisite” sottolinea la viceministra. “Possono promuovere investimenti a livello internazionale e anche trasferire una ‘weltanschauung’, una visione del mondo che scavalca i confini”.

Con cadenza mensile, il ciclo della Luiss si focalizzerà su temi complessi e decisivi: ‘Innovation, Digitalization and Sustainability as a Way to Social and Ecological Transition’, ‘Italian and African Geopolitical Perspectives’, ‘Data Science to Support a Changing World’ e ‘Italian and African Business Perspectives’.

Secondo Del Re, si tratta di incontri necessari a “favorire la migrazione circolare degli studenti” e a “rafforzare le diaspore”, indicate come attore centrale della Cooperazione italiana allo sviluppo dalla riforma del 2014. Ne parla anche Cleophas Adrien Dioma, organizzatore dei webinar con la Luiss in qualità di presidente di Le Réseau e animatore del Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo (Cncs).
Il suo sguardo è rivolto all’Africa, ma anche all’Asia e all’America Latina. “Le diaspore erano la tessera che mancava al puzzle della cooperazione internazionale allo sviluppo” la metafora di Dioma. “Finalmente l’abbiamo trovata: ora, con tutto il suo capitale sociale, è a disposizione dell’Italia”.

Il nostro Paese si muove e a essere protagonisti sono i giovani del mondo. Ascoltate Jean-Leonard Touadi, politologo e scrittore di origini congolesi, già deputato e consulente della Fao, ora presidente del Centro relazioni con l’Africa della Societa’ geografica italiana: “C’è un desiderio inevaso d’Italia” spiega all’agenzia Dire, parlando del Mediterraneo come luogo d’incontro e mare di quel “rendez-vous de l’universel” immaginato da Leopold Sedar Senghor, primo presidente del Senegal, poeta e visionario. Secondo Touadi, oggi le diaspore possono essere “mediatori culturali”, “smistatori di criticità” e allo stesso tempo “catalizzatori di opportunità, culturali, economiche e commerciali, da sviluppare sulla base di un rapporto di parità”.

È il punto toccato da Raffaele Marchetti, prorettore per l’internazionalizzazione della Luiss, convinto che le diaspore siano “strategiche” per “sviluppare tutte le potenzialità del rapporto con l’Africa dei giovani”. Leonardo Carmenati, vicedirettore tecnico dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics), parla del “contributo” delle comunità di origine straniera anche nella prospettiva “del sostegno all’internazionalizzazione economica e alla diffusione delle nostre eccellenze” nel mondo. Un altro passaggio è sull’importanza della comunicazione. “Con il progetto Summit nazionale delle diaspore abbiamo sostenuto le associazioni nell’accesso ai fondi pubblici ma abbiamo anche voluto contribuire a cambiare la narrativa sui migranti” dice Carmenati: “Il loro valore aggiunto deve risultare più evidente”. Sulla stessa linea Giorgio Marrapodi, direttore generale in Farnesina per la Cooperazione allo sviluppo: “La Luiss e il mondo delle università possono contribuire a comunicare nel modo giusto le diaspore, il loro apporto all’Italia e alle sue relazioni con il mondo”.

Di “vision strategica” dell’ateneo dice Marco Francesco Mazzù, uno degli organizzatori del ciclo, recruiting leader e professore di Marketing e Digital. “Il punto chiave è che il futuro sarà alimentato da cambiamenti prodotti dalla intersezione di saperi, culture, conoscenze, responsabilità e passioni” la premessa, guardando al periodo 2021-2024. “In questo quadro l’università è il luogo dove sperimentare il cambiamento e sperimentare discontinuità per costruire un futuro sostenibile, con al centro i valori di responsabilità, inclusività e sostenibilità, con condivisione e forte senso di comunità”. Dati della Luiss indicano che nel 2020 le domande di ammissione da parte degli studenti internazionali per l’ateneo si sono triplicate rispetto a due anni fa. “Vogliamo una Università in cui la normalità è avere più culture e giovani di più nazionalità” insiste Mazzù. “La traiettoria è giusta e la collaborazione con le diaspore ci sono sembrate un luogo di incontro e confronto importante in tal senso”.

Ad animare e a seguire i lavori, in inglese, francese e italiano, studenti, professori ed esponenti di associazioni. Una delle voci, in videocollegamento, arriva dal Burkina Faso. È quella di Alioune Benga, direttore generale dell’Institut Africain de Management (Iam) di Ouagadougou, convinto che gli atenei del continente pronti a collaborare siano tanti: “Finora molti si sono focalizzati sui rapporti con la Francia ma ora l’esperienza dell’Italia è comprovata; bisogna far decollare questo nuovo partenariato”.

 

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