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Dalla Sierra Leone all’Italia storie e volti che restano appiccicati addosso

Marie, che si è salvata da ebola e ora ha una bambina. O una signora di Bergamo, che lotta contro il Covid-19 e dà speranza. Ecco cosa ha visto Gina Portella, una dottoressa che salva vite

Una ragazza di 19 anni, Marie, che quando è tornata a trovarla si è portata la bambina avuta dopo essere guarita da ebola. E “una signora” di Bergamo, che in tanti pensavano di aver perso e che invece è ancora lì: “L’abbiamo vista seduta e spero davvero la vedremo presto in piedi. Il suo nome? Non lo dico, incrociamo le dita”. A parlare, gli occhiali grandi che ballano sulla mascherina, è Gina Portella. Non una dottoressa qualunque. Medico anestesista rianimatore, 54 anni, ha lottato contro due virus che hanno colpito e spaventato il mondo. Prima ebola, tra il 2014 e il 2015 migliaia di morti anche in Sierra Leone, e poi il Covid-19 qui in Italia.

L’intervista con Oltremare si tiene in collegamento video dal presidio alla Fiera di Bergamo dell’ospedale Papa Giovanni XXIII, in pochi minuti di pausa tra un intervento e l’altro in corsia. Con Emergency dal 2005, Portella coordina la risposta dell’ong italiana all’emergenza Covid-19. Di pazienti, ricordi e impegno per il futuro parla intrecciando storie, Paesi e situazioni, convinta che diritto alle cure e medicina debbano essere “universali” e che allora tutto torni, come in un cerchio che si chiude. “Ci sono volti che ti restano appiccicati addosso, più di altri, e capita di non sapere nemmeno il perché” premette. “Ricordo quella ragazza: era arrivata da noi, a Goderich, alle porte di Freetown, nel novembre 2014; la situazione in Sierra Leone era drammatica e noi avevamo solo una struttura in tenda, anche se con la possibilità di dare ossigeno, dei monitoraggi continui e delle pompe-siringhe da infusione necessarie per i farmaci un po’ più avanzati”. Sembrava che Marie non ce l’avrebbe fatta. C’era stato un momento di panico, non si capiva se ci fossero margini di intervento. “Invece alla fine Marie si era ripresa e la cosa più bella è che si era rivelata una rompiscatole, allontanando subito ogni tipo di paternalismo possibile in casi del genere: se ne andava in giro per l’ospedale con richieste davvero da ragazzina”. Anni dopo c’è stato un altro incontro, quando Portella è tornata nell’ospedale di Goderich: “Era arrivata con la sorella e la bimba in braccio: del papà neanche a parlarne, ma quant’era felice; l’avevamo rimessa ai blocchi di partenza, libera di fare ciò che voleva”.

Emergency in azione contro Ebola in Sierra Leone ©Micheal Duff

Oggi, in Italia, un altro virus ma la stessa voglia di vivere. Come quella della “signora” di Bergamo, una delle prime vittime del Covid-19. “Non sappiamo se sia stata la conseguenza di una fase acuta o di una riacutizzazione ma c’è stato un fine-settimana in cui abbiamo pensato di perderla” racconta Portella. “Adesso invece è ancora qui, l’abbiamo vista seduta e se davvero la vedremo in piedi sarà una gioia che ripagherà di tutto”.

In corsia, all’ospedale in Fiera, il lavoro continua. Emergency gestisce un modulo da 12 posti letto di terapia intensiva con uno staff composto da oltre 40 operatori, medici, infermieri, fisioterapisti, tecnici di laboratorio e di radiologia. Più dei numeri, però, “appiccicate addosso” restano le storie. In Italia e nel mondo, sottolinea Portella. Convinta che le vite salvate in queste settimane di pandemia siano anche il risultato dell’impegno di anni fa contro ebola. Un’esperienza che, guardando avanti, si sta rivelando preziosa per chi guarda al lavoro dei medici italiani come a un modello e un riferimento per affrontare il nuovo coronavirus. “Penso anche ai Paesi dell’Africa o all’Afghanistan” dice la coordinatrice di Emergency: “Hanno sistemi sanitari estremamente fragili e devono ricevere un’attenzione speciale; ebola e coronavirus ci hanno insegnato che la medicina deve essere di tutti”.

Biografia
Vincenzo Giardina
Nato a Padova, laureato in storia contemporanea, è un giornalista professionista. Coordina il notiziario internazionale dell’agenzia di stampa Dire. Tra le sue collaborazioni Il Venerdì di Repubblica, Internazionale, l’Espresso e Nigrizia. Già redattore dell’agenzia di stampa missionaria Misna, si è specializzato sull’Africa e sui temi dei diritti umani e della lotta contro le disuguaglianze. Scrive su Oltremare, magazine dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, e interviene come esperto o inviato su Radio Vaticana, Radio In Blu e altre emittenti. Suoi articoli e reportage sono pubblicati anche da La Stampa e Vanity Fair. Parla più lingue, tra le quali il russo.
www.vincenzogiardina.org
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